Era il 1455 quando il navigatore veneziano Alvise Ca’ da Mosto scoprì la foce del fiume Senegal e con le sue caravelle, al servizio del re del Portogallo, risalì il corso del fiume. Lo spettacolo che si presentò agli occhi di quei marinai abituati alle immensità dell’Oceano dovette sembrare straordinario: da un lato le ultime dune del Sahara mauritano ma dall’altra una fertile pianura con alberi e coltivazioni. Da una parte la Mauritania, dall’altra il Senegal. Infatti per un lungo tratto di circa 800 km, la metà del suo intero percorso, il fiume segna il confine tra i due Stati. Alvise Ca’ da Mosto, risalendo il fiume, non sempre accessibile alle sue caravelle, si trovò di fronte scenari talmente inconsueti da arrivare a dire che le sorgenti del fiume, che sembravano essere così lontane, si trovavano nel Paradiso Terrestre!
In realtà il fiume ha le sue sorgenti nel territorio del Mali.
Da Saint Louis – l’antica capitale del Senegal e prima colonia francese al mondo fondata nel 1659 e così chiamata in onore dell’allora regnante Luigi XIII – le pigre acque del fiume Senegal sono navigabili tutto l’anno per quasi trecento chilometri fino a Podor, la città più importante dell’isola. Poi bisogna proseguire in canoa.
Ma tanto bastò per risvegliare l’interesse dei mercanti, perché Podor, come riferiscono le cronache dell'epoca, si trovava nel cuore di quello che tra il IX e il XV secolo fu il mitico regno di Tekrour, il “paese dell’oro”: la produzione del prezioso metallo era così abbondante che l’oro veniva scambiato con il sale e il vetro a parità di peso e lo stesso nome della cittadina, Podor, significherebbe “vaso d’oro” (“pot d’or” in francese).
Lungo il suo corso, qualche chilometro prima di arrivare al villaggio, il fiume si divide in due rami che poi si ricongiungono più a nord formando una grande isola, l’isola di Morphil, la più grande del Senegal, bassa, sabbiosa ed a periodi un po’ paludosa. Il nome le deriva dagli elefanti che vivevano qui, confinati tra i due fiumi. Morphil, infatti, in portoghese significa “avorio”. In quest’isola fuori delle rotte turistiche più frequentate, si trovavano numerosi piccoli villaggi abitati da Toucouleurs, completamente diversi dai tradizionali villaggi senegalesi.
Podor era uno di questi, nell’ovest dell’isola, proprio lungo le rive del fiume. Nato come porto fluviale, divenne ben presto capitale di uno dei più antichi regni della regione. Nel XVII secolo era un porto di scambio e sembra che il suo nome, Podor, gli venisse dato proprio in questo periodo, perché alcuni commercianti vi vendettero pentole d’oro.
La zona costituiva da secoli un importante crocevia di scambi commerciali tra le popolazioni nomadi della Mauritania a destra del fiume e quelle sedentarie, dedite all’agricoltura, che abitavano sulla riva sinistra. Con l’arrivo delle caravelle portoghesi, Podor vide sviluppare i suoi traffici divenendo un animato centro non solo mercantile, ma anche etnico e culturale, punto di incontro tra il mondo arabo e l’Africa Nera.
Le vie carovaniere di terra che portavano le loro merci dal nord al sud dell’Africa e viceversa, erano continuamente sotto il pericolo di attacchi da parte di predoni. I Portoghesi intuirono subito l’importanza dello sfruttamento della via fluviale che poteva risultare ben più veloce e sicura delle vie di terra e si organizzarono per trasportare sul fiume merci pregiate come oro, avorio, gomma arabica, perfino schiavi. Fu così che, provenienti dal cuore dell’Africa, tesori immensi venivano trasportati fino all’Oceano e da qui verso l’Europa. A Podor il traffico terrestre carovaniero finiva e si passava “dalle carovane alle caravelle”.
Ai Portoghesi seguirono gli Olandesi ed infine i Francesi che, nel 1744, nella persona del direttore della Compagnia Francese delle Indie Orientali, fece costruire un forte in posizione elevata in modo da poter controllare lo sbarco e l’imbarco delle merci, per difenderle dalle frequenti incursioni dei banditi mauritani.
Il breve periodo della colonizzazione inglese, dal 1758 al 1783, non fu altrettanto proficuo, il commercio cominciò a declinare e il forte fu abbandonato.
Chiusa tra le dune del deserto mauritano da una parte e la savana dall’altra, Podor aveva un clima terribile, l’estate bisognava proteggersi dal caldo micidiale mentre l’inverno veniva su dal deserto l’harmattan, il vento secco che rendeva difficile la respirazione e ricopriva tutto con un sottile strato di finissima sabbia.
Il forte, rioccupato dai Francesi ma ormai fatiscente, avrebbe avuto bisogno di cure così drastiche che nel 1854 i Francesi, sotto la guida dell’allora capitano/ingegnere Louis Faidherbe, preferirono ricostruirlo e lo fecero in due soli mesi utilizzando materiale da costruzione venuto dalla Francia a bordo di 20 navi. Ampliato e reso possente con i suoi 4 torrioni angolari, aveva al suo interno tre edifici destinati ai servizi e divenne la principale postazione militare di una serie che presidiava tutto il corso del fiume dall’assalto dei briganti.
La guarnigione occupava invece una palazzina al di fuori delle mura del forte, caratterizzata da tutta una serie di arcate sulle facciate.
I mercanti francesi, provenienti soprattutto da Bordeaux, città facilmente collegata per via fluviale all’Oceano, non si erano fatti scoraggiare né dal clima, né dai briganti ed aprirono a Podor, sin dall’inizio dell’ottocento, molte filiali commerciali costruendo i loro uffici e le loro residenze lungo il corso del fiume. Tra le altre, impressionata dai traffici che vi si svolgevano, anche l’americana Singer ne fece il punto di partenza per il commercio in Africa delle sue macchine per cucire. Per quasi due secoli la cittadina fu animata dagli intensi traffici che si svolgevano nei due sensi: dall’Europa provenivano merci introvabili in Africa e le navi ripartivano da qui con i preziosi prodotti introvabili in Europa.
Poiché prima o poi, tutte le cose sono destinate a finire, negli anni ’60 del novecento il porto di Podor cadde nel dimenticatoio a causa della costruzione di una camionabile parallela al fiume, cosa che ha segnato definitivamente la fine del commercio fluviale. Anche il vecchio battello postale delle Messangeries du Sénégal, il Bou El Mogdad, dopo un ventennale periodo di servizio tra Saint Louis e Podor, nel 1970 ha cessato la sua attività. E Podor sarebbe rimasta isolata se, dopo alcuni anni di riposo ed una bella rinfrescata alle strutture, il vecchio, storico battello postale non avesse ricominciato a solcare le acque del fiume Senegal, portando i turisti da Saint Louis fin oltre il Parco di Djoudj, a conoscere un pezzo di Africa poco frequentato ma molto interessante. Lungo le rive abitate da etnie Toucouleur, Peul, Soninkè, Wolof e Mauri, spaccati di vita di una semplicità disarmante si mostrano nella loro quotidianità, i pescatori intenti a buttare le reti, le piroghe che vanno e vengono, le donne dagli abiti colorati che lavano le stoviglie, i bimbi vocianti che fanno il bagno in attesa che i vestiti si asciughino e agitano allegri le mani al passare del battello, le mandrie all’abbeverata sulle due rive.
Basta attraccare per poter toccare tutto con mano.
Oggi Podor è una sonnacchiosa cittadina bagnata dalle lente acque del fiume ma c’è stato un tempo (dal 1860) in cui rivaleggiava con Saint Louis, la città gemella, per i suoi fiorenti traffici. Ancora oggi, parlando con gli abitanti, se ne può sentire un riflesso.
Lungo le banchine di pietra, il quartiere doganale, originale e maestoso, testimonia ancora l'eccezionale importanza avuta nel commercio tradizionale e le ha guadagnato l’inserimento nei siti patrimonio dell’umanità dell’Unesco.
Tutti i villaggi dell’isola di Morphil sono in bancò, un impasto di paglia e fango, come quelli del Mali ed ogni villaggio, per quanto possa essere piccolo, ha la sua moschea. Qui le moschee vengono dette “omarienne” in ricordo della grande azione di opposizione alla colonizzazione francese opposta dal marabutto El Haji Omar Tall, influente figura della corrente Tijaniyya dell’Islam.
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